domenica 30 novembre 2014

Il rischio idrogeologico #1

Ed eccoci alle seconda parte di quest'avventura; se avete perso la parte #0 potete trovarla qui (#parte0).
In questa parte parleremo dell'analisi del rischio e della perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico.
#parte1
Per poter utilizzare l'equazione fondamentale, descritta nella (#parte0), è opportuno conoscerne le variabili; le fasi di questo studio sono le seguenti:

  1.  E' necessario, per prima cosa, individuare le aree a rischio idrogeologico e quantificarne il rischio, attraverso le informazioni che abbiamo a disposizione. A tal proposito, per semplificare il processo, il rischio idrogeologico si può dividere nelle sue seguenti componenti: rischio idraulico (diviso a sua volta in rischio di esondazione, rischio dovuto alla dinamica d'alveo e rischio da inquinamento) e rischio di frana e valanga.
  2. Note queste informazioni si valuta il livello di rischio, applicando la formula #parte0 ; a tal proposito si può suddividere il territorio in piccoli quadratini (grigliato) il cui baricentro racchiude l'informazioni del danno D o georeferenziare il territorio in altri modi.
  3. Valutare il rischi. Le classi di pericolosità sono 4:
    (classe1) pericolosità irrilevante per il quale i danni sociali, economici  e al patrimonio ambientale sono irrilevanti.
    (classe2) pericolosità bassa  in cui i danni agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale non pregiudicano l'incolumità delle persone
    (casse3) rischio elevato per il quale vi sono problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture
    (classe4) rischio molto elevato per il quale sono possibili la perdita delle vite umane e danni gravi agli edifici
Naturalmente questa classificazione implica che i cittadini seguano le disposizioni della protezione civile.


A cosa serve sta classificazione e sta pappardella che avete dovuto leggere?


All'ultima fase, che riguarda il rischio idrogeologico cioè ad evidenziare i punti critici della zona e a creare  gli interventi di mitigazione del rischio.
Tali interventi non sono soltanto strutturali (ad esempio costruisco un bell'argine in cemento per proteggere le case abusive costruite vicino al fiume e condonate oppure costruisco un opera di sostegno per salvaguardare un area residenziale dal rischio frane) ma anche non strutturali come per esempio opere di monitoraggio e preannuncio, anche sovvenzioni per la ricerca, e norme d'uso del territorio (lotta al vomito del cemento ed all'abusivismo edilizio in territori a rischio insomma ruspe).


Ma questa è un altra storia di cui parlerò nella #parte3 che tratterà delle cause del rischio idraulico e delle soluzioni strutturali e non.
Un cordiale saluto dal vostro Michael, alla prossima.



http://www.lunigianasostenibile.it/public/new/dati/news/cartarischioidraulicoaullabox.jpg

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